Heraklon - Festo - henrymilleringrecia

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A Heraklion – sto morendo assiderato. I banani sono dall’altra parte dell’isola. Qui è inverno, ma non ci sono stufe. Aspettiamo che esca il sole. Penso al gatto che giace morto nel profondo burrone, dove è precipitato a capofitto, oltre le mura della città. Questa mattina le mosche stavano banchettando sulla sua carcassa. Questa notte le mosche saranno probabilmente morte. Anche Heraklion è morta. E’ come Imperial City, in California, dove sono diventato definitivamente schizofrenico. Ho l’impressione di stare alle Azzorre, a Madeira, anche se l’architettura ricorda il Dickens di The Old Curiosity Shop. Mi fermo e ascolto un fonografo su una sedia in mezzo alla strada davanti a un ristorante. La musica sembra turca.

Le persone mi guardano perché sto ascoltando il fonografo. Tutti hanno una fisionomia alla Cyrano de Bergerac. Le panetterie sono pompeiane – come pure le botteghe dei macellai. Il grembiule macchiato di sangue del macellaio è un tocco aggiuntivo, simile a una vela veneziana. Nei cortili piccoli e graziosi vi sono visi bellissimi – ragazze straordinariamente avvenenti, relegate qui per la vita. Gli uomini in giro sembrano dei pirati in vacanza. I sarti siedono scalzi sulle panche. Dappertutto, stivali della migliore qualità. Quelli rossi sono magnifici. Il cibo è disgustoso. Se non fosse per Bill X -, proprietario del Caffè Centrale, morirei di noia. Lui mi intrattiene piacevolmente parlandomi di Montreal, dove possedeva un fiorente ristorante ben avviato, prima che la crisi ne facesse piazza pulita. Contrariamente alle abitudini greche Bill mangia presto. Dice di fare sul serio, a differenza dei suoi compatrioti. Dice che loro non hanno il senso degli affari. Amano solo imbrogliarsi a vicenda. Quando ha rinnovato il caffè, hanno pensato che fosse pazzo. Ha della buona acqua da bere, che fa venire da un altro villaggio. È un uomo bianco.
 
Vedendo per la decimillesima volta il ritratto del defunto Metaxas, mi rendo conto che assomiglia molto a Otto Rank, lo psicoanalista viennese.  Per aumentare la somiglianza, dovrebbero mettergli un sigaro in bocca. Inoltre, è bello vedere  pubblicizzati al cinema Laurel e Hardy. E il lucido da scarpe Arizona. Il mondo sta facendo progressi. I minoici dovevano fare a meno di questi lussi. Poveri diavoli! Gli immutabili chioschi pieni di lacci da scarpe, sigarette, caramelle e cianfrusaglie varie ricordano terribilmente, il ghetto, i bassifondi di New York. Le stesse facce miserabili  mi scrutano dall’interno delle piccole cabine in cui questi poveracci passano le loro vite in reclusione solitaria. Vedo che guardano il mio cappotto, il mio cappello, le mie scarpe. Per loro tutti gli americani sono milionari. Eppure, se confrontassimo il denaro, i conti in banca, il patrimonio, le azioni, e i beni, vedremmo che sono più povero di tutti loro. Su queste facce disgraziate che sbirciano fuori dai chioschi si vede la disperazione. E in questo senso tutti gli americani sono milionari perchè hanno la speranza. Non passerebbero mai la loro vita seduti in un chiosco. Potrebbero forare i biglietti nella metropolitana, ma non vendere lacci da scarpe. Quello è riservato agli ‘immigrati.                    
 
A Festo, in cima al mondo, il luogo della terra più vicino al cielo, trovo Kyrios Alexandros che fa inchini a una distanza di cento metri e si prostra fino al suolo.  “E’ Dio che vi manda!” dice, salutandomi. Sono il primo visitatore, il primo turista, da alcuni mesi a questa parte. Alexandros piange, mi bacia le mani, mi chiama Signor Professore. Bon! D’accord. Cosa c’è da mangiare? Fortunatamente ho portato con me alcune provviste. Mentre Alexandros gratta via il fango dalle mie scarpe chiedo della dispensa. E’ vuota, purtroppo. Ma c'è il vino nero che Bill X da Montreal mi ha raccomandato di provare. Bene. Prima di andare a visitare le rovine decido di mangiare. Chiedo ad Alexandros di dividere il pasto con me. Sembra decisamente spaventato dalla proposta. Non si fa. Soit. Comincio a sorseggiare il vino. Le olive sono disgustose  - senza sapore, a parte quello di fango. Alexandros parla. Egli si torce le mani e chiama Dio in aiuto, che fermi Herr Hitler così che ci possano essere nuovamente i turisti. Io penso a mille cose insieme – alle donne che passeggiavano nel palazzo d’inverno, all’Arizona e al Nuovo Messico, alla Valle della Luna in California, a Shangri-la, perché questo è il posto della terra che è più vicino allo Shangri-la del cinema. Sento soprattutto la mancanza di compagnia. Il luogo è così meraviglioso, il mio benessere così completo, che all’improvviso mi sento colpevole, colpevole come un criminale, per godere di tutto questo da solo. Dalla parte del Monte Ida i colori dell’autunno sono incantevoli.

Per la prima volta in vita mia contemplo una sinfonia color terra di Siena. E verso il mare quella terra rossa, l’argilla primordiale con cui è stato creato l’uomo a immagine di Dio. Disgraziatamente, l’uomo è caduto dal suo stato di grazia, ma la natura rimane sacra in eterno. I pendii marroni sono come la pelle di animali acquatici. Essi sono stati lavati per secoli dai depositi alluvionali. Sono stati cotti dal sole, riarsi, coperti di vesciche e poi sommersi dal diluvio. Dappertutto la carezza, tutto è smussato, attenuato, raddolcito. E’ il posto più piacevole che conosco. E’ femminile dal principio alla fine. Sono sicuro che il luogo fu scelto dalle regine della dinastia di Minosse. E’ il ramo femminile della stirpe che ha dato al paesaggio il suo carattere, il suo fascino, la sua finezza - e la sua inesauribile varietà.


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